Torquato Tasso, Aminta
Composizione: 1573
Pubblicazione: 1580
Struttura: prologo, 5 atti, epilogo
Personaggi principali: Aminta, Silvia, Tirsi, Dafne
Prologo: Amore (punizione)
Atto I: confidenze (Dafne e Silvia; Aminta e Tirsi)
Atto II: piani (del Satiro; di Dafne e Tirsi)
Atto III: Silvia creduta morta
Atto IV: Aminta creduto morto
Atto V: lieto fine
Epilogo: Venere (ricerca del figlio Amore)
Attributi del dio Amore: fiaccola (con cui infiamma i cuori degli amanti), arco, faretra, frecce, ali
Cinzia: Diana, in quanto nata ai piedi del monte Cinto, sull'isola di Delo
Ircania, regione dell'antica Persia, dove per antonomasia vivevano le tigri più feroci
Il gioco del segreto (= seduti in cerchio, si mormora un segreto nell'orecchio del vicino): vv. 513-519
I caprai, appartenenti a un ceto sociale inferiore a quello dei pastori, sono personaggi rozzi e ridicoli, con il medesimo ruolo dei servi nella commedia classica
Due amori giovanili di Tasso: per Lucrezia Bendidio e Laura Peperara, entrambi riversati in rime
Topoi letterari: inutilità della fuga dinanzi ad Amore alato; opposizione Diana (castità)/Venere (amore); amore degli alberi
Rhéseis: racconti di testimoni oculari che riportano fatti che hanno avuto luogo fuori dalla scena
Rima ricca fra i vv. 1814 e 1815 (infelice/ mi lice)
Speco e antro sono termini della finzione arcadica per indicare l'abitazione
La viola in poesia è il fiore pallido per antonomasia
Credenze antiche: il serpente evita di ascoltare gli incantesimi, a causa dei quali può morire, mettendo un orecchio per terra e turandosi l'altro con la coda; la vista di un lupo rende muti gli uomini
Intermedi: nella pratica teatrale cinquecentesca, erano brevi spettacoli di canto, musica e danza inframmezzati agli atti dell'opera principale, di argomento da essa indipendente
Credenze antiche: il serpente evita di ascoltare gli incantesimi, a causa dei quali può morire, mettendo un orecchio per terra e turandosi l'altro con la coda; la vista di un lupo rende muti gli uomini
Intermedi: nella pratica teatrale cinquecentesca, erano brevi spettacoli di canto, musica e danza inframmezzati agli atti dell'opera principale, di argomento da essa indipendente
L'improperio non è qualcosa di improprio - o almeno, non intrinsecamente. Nell'uso moderno questa parola indica l'ingiuria, l'insulto.
È necessaria una nota grafica preliminare: al plurale, solitamente, si trova scritto improperî. L'accento circonflesso, in italiano, viene infatti usato per contrarre una doppia 'i', quando su nessuna delle due cade l'accento tonico. In altri termini, è molto corretto scrivere 'tu odî' (indicativo presente del verbo odiare), mentre nel caso di 'io udii' (passato remoto del verbo udire) vanno mantenute entrambe le 'i'.
Tornando alla parola 'improperio', si può coprire d'improperî il ragazzo che ci ha fatto cadere il bicchiere, l'intervento ottuso ci tira fuori di bocca una sequela di improperî, e quella che doveva essere una critica circostanziata finisce per essere un improperio.
Va detto, però, che non si tratta di un'ingiuria gratuita: l'improperio ha la stessa radice del rimprovero, e quindi ha la natura di un'ingiuria di biasimo. Certo, criticare insultando non è il massimo, ma siamo umani e a volte scappa - o proprio ci vuole.