Ringrazio il Sindaco Armando Foresta e l'Amministrazione Comunale di Mesoraca per avermi conferito il Premio Radici 2016.
Francesco Schipani
|
GUIDA PRATICA ALLA GESTIONE DELLA CLASSE (Essere Felici Edizioni)
martedì 27 dicembre 2016
Premio Radici di Mesoraca
martedì 13 dicembre 2016
Manuale di lettura espressiva: novità assoluta nell'editoria italiana
Di prossima pubblicazione il mio quarto libro, Manuale di lettura espressiva, il primo testo dedicato all'argomento del leggere ad alta voce con espressività.
Per studenti, insegnanti, genitori, allievi delle accademie di teatro, compagnie filodrammatiche, manager, avvocati, politici, rappresentanti, giornalisti, speaker, leggistorie, amanti della lettura ad alta voce e del Public Speaking, conferenzieri, relatori.
Per studenti, insegnanti, genitori, allievi delle accademie di teatro, compagnie filodrammatiche, manager, avvocati, politici, rappresentanti, giornalisti, speaker, leggistorie, amanti della lettura ad alta voce e del Public Speaking, conferenzieri, relatori.
Aggiornamenti e informazioni su questo blog.
lunedì 3 ottobre 2016
Proverbi cinesi: una selezione
Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita.
Se c’è un rimedio, perché te la prendi? E se non c’è un rimedio, perché te la prendi?
Quando piove lo stolto impreca contro gli dei, il saggio si procura un ombrello.
Il segreto per vivere a lungo è: mangiare la metà, camminare il doppio, ridere il triplo e amare senza misura.
Se le vostre parole non sono migliori del silenzio, dovreste restare zitti.
L’uomo che sposta le montagne comincia portando via i sassi più piccoli.
Il Maestro apre la porta, ma tu devi entrare da solo.
Se una disputa va per le lunghe, significa che tutti e due i contendenti hanno torto.
Quando il dito indica la luna, lo sciocco guarda il dito.
Un sorriso ti farà guadagnare più di dieci anni della vita.
Un uomo che non sa sorridere non dovrebbe aprire un negozio.
Il saggio non si cruccia sul passato perché è concluso e non si può mutare, e non si preoccupa per il futuro perché deve ancora venire.
È più facile deviare il corso di un fiume o spianare una montagna che cambiare l’animo di un uomo.
Nell’animo di ogni uomo, gli dèi hanno creato cielo e terra in miniatura.
Colui che sa non parla, colui che parla non sa.
A volte la legge è come una ragnatela. Nelle sue maglie passa il moscone e resta impigliato il moscerino.
Parla poco. Le parole sono come perle preziose il cui valore aumenta in proporzione della rarità.
Se non sai correggerti, come puoi pretendere di correggere gli altri?
Lo sciocco ha mille certezze, il saggio non ne ha alcuna.
Che le parole siano come le perle: rare e preziose.
mercoledì 28 settembre 2016
Paul L. Green, 100 tecniche di concentrazione
Sottolineature da Paul L. Green, 100 tecniche di concentrazione
Prendi qualsiasi argomento, pensiero o visione su
cui vuoi concentrarti e riempi il pensiero-mondo interamente con essi, e
tienilo costantemente riempito con essi. Nel momento in cui qualsiasi altro
pensiero cerca di entrare nella mente sostituiscilo immediatamente con il
pensiero su cui vuoi concentrarti. Continua a fare questo fino a quando non ti
si forma l’abitudine di essere in grado di concentrarti su qualsiasi cosa tu
voglia per tutto il tempo che vuoi.
Semplicemente fissa un oggetto, ogni giorno, due
volte al giorno, per 5 o 10 minuti. Inizia con 5 minuti, poi aumenta
progressivamente, fino a 10 e a 15. Il computo del tempo deve essere preciso.
Usa perciò un timer che indichi la scadenza temporale. È importante che tu non
ti distragga per vedere quanto tempo manca. Semplicemente fissa l’oggetto e
resta a fissarlo per quel tempo, cercando sempre più di centrare tutta la tua
energia mentale su quell’oggetto, fino a entrare in quell’oggetto
completamente, fino a essere assorbito da quell’oggetto e in quell’oggetto.
Puoi effettuare la stessa concentrazione della
tecnica 5 focalizzando la tua attenzione non su un oggetto ma su
un’affermazione, su una parola o su una immagine mentale. Anche in questo caso
si tratta di entrare in quella parola, di essere assorbiti completamente da
quella parola, da quell’affermazione o da quella immagine mentale. Fissa perciò
e resta a fissare per il tempo che ti sei dato (inizia anche in questo caso con
5 minuti, poi progressivamente arriva fino a 15), cercando sempre più di
concentrare e centrare tutta la tua energia mentale su quel pensiero, quella
parola, quell’affermazione o quell’immagine mentale, fino a essere assorbito da
esse, fino a diventare tutt’uno con esse.
Durante il prossimo pasto prova a concentrarti sul
gusto del cibo che stai mangiando. Mangia lentamente e assapora ogni boccone
cercando anche in questo caso di isolare e distinguere i sapori che percepisci,
il guasto e il retrogusto, e di descriverli. Se sei solito mangiare quel cibo,
cosa lo distingue ora dalle altre volte che lo hai mangiato? Ci sono
differenze? Prova a esercitarti sia su un singolo alimento che su una serie di
alimenti, mescolando i sapori e descrivendoli mentalmente. Fai la stessa cosa
con una bevanda: che sia acqua, vino, birra o una bibita.
Siediti su una sedia comoda e rimani in questa
posizione. Non è facile come sembra. Devi riuscire a non distrarti. Fai
attenzione a non eseguire movimenti muscolari involontari. Con un po’ di
pratica si riesce a star fermi senza nemmeno un movimento involontario per 15
minuti. All’inizio ti consiglio di stare in posizione rilassata per almeno 5
minuti; quando sei arrivato a questo traguardo, prolunga l’esercizio a 10 e poi
a 15 minuti. Se non riesci a fare di più, non sforzarti. Perché mentre fai
questa prova non devi mai essere teso. Scoprirai che l’abitudine a rilassarsi
darà buoni frutti.
Riempi un bicchiere d’acqua e afferralo con le dita,
con il braccio allungato davanti a te. Ora fissa attraverso il vetro e cerca di
mantenere il braccio fermo. Cerca di non muoverti per 5 minuti. Poi fai lo
stesso con l’altro braccio, per altri 5 minuti. Aumenta progressivamente il
tempo di esecuzione della tecnica fino ad arrivare a 10 minuti per braccio.
Questa variante è molto utile di questo esercizio da
eseguire prima di andare a letto e la mattina appena svegli. Dì a te stesso:
“Ogni cellula del mio corpo freme di vita, ogni parte del mio corpo è vigorosa
e sana.” “Molte persone hanno migliorato la propria salute soltanto ripetendo
questa affermazione. Se la mente dubita della propria salute, la malattia
arriva inevitabilmente. Se ti immagini forte e vigoroso, altrettanto forte
diventerai. E sarai sano.” (William Atkinson)
Appoggia la mano destra sul ginocchio, con le dita
chiuse a eccezione dell’indice. Muovi il dito e non perderlo mai di vista. È un
esercizio semplicissimo ma richiede una grande perseveranza. La tua attenzione
cercherà in ogni modo di spostarsi, ma devi riuscire a dominarla. Ti sembrerà
una sciocchezza senza alcun valore, ma in poco tempo questa tecnica può darti
una padronanza dei movimenti corporei e del comportamento che migliorerà
notevolmente la tua concentrazione mentale.
Siediti e poggia un orologio sul tavolo. Guarda la
lancetta dei secondi e lascia che gli occhi compiano il suo stesso giro. Fai
passare 5 minuti, senza distrarti. È un esercizio perfetto se hai solo pochi
minuti a disposizione. È difficile eseguirlo perché le lancette hanno davvero
ben poco di interessante ma proprio per questo si deve sfidare la propria
volontà. Nei giorni successivi esegui lo stesso esercizio aumentando il tempo
di 1 minuto al giorno, fino ad arrivare a 10 minuti.
Siediti in terra o su una sedia e cerca di mantenere
la schiena ben eretta. Poni le mani sulle ginocchia con i palmi rivolti verso
l’alto. Chiudi gli occhi. Inspira profondamente poi espira, lasciando andare
tutta la tensione mentre espiri. Solleva lentamente le braccia all’altezza del
petto, tenendo i palmi uno rivolto verso l’altro ma a leggera distanza.
Concentrati sulle sensazioni che percepisci sui palmi e tra i palmi. Fallo per
circa cinque minuti. Concentrati poi esclusivamente sullo spazio che separa i
palmi delle mani. Come lo percepisci? Puoi sentire l’effetto di un formicolio,
la sensazione di soffice resistenza, come se stessi schiacciando qualcosa, puoi
sentire freddo, caldo, oppure niente. Continua a concentrarti sullo spazio e
sull’energia tra i palmi delle mani. Continua con questa tecnica sperimentando
le sensazioni che ti invia lo spazio e l’energia tra i palmi delle mani per
altri dieci minuti. Infine strofina le mani e accarezzati delicatamente gli
occhi e il viso, prima di riaprire gli occhi.
Siediti e cerca di mantenere il busto ben dritto.
Inizia a respirare in modo controllato. Immagina ora di essere un sassolino che
si adagia sul fondo di un trasparente corso d’acqua. Lascia che il tuo corpo
“scenda” fino a posarsi sulla sabbia del fondale. Continua a concentrarti sul
sassolino che ora sei tu: tu sei un sassolino che giace sulla sabbia. Resta in
questa condizione per circa 20 minuti, continuando a seguire il tuo respiro. Nessun
pensiero sul passato o sul futuro può strapparti alla pace e alla gioia di
questo momento.
Siediti, con il busto eretto, il torace ben aperto e
le spalle rilassate, e attiva una respirazione abbastanza profonda, iniziando
con una lenta e completa espirazione. Ora, mentre inspiri, conta mentalmente 1,
e mentre espiri conta ancora mentalmente 1. Quando nuovamente inspiri, conta
mentalmente 2 e quando espiri per la seconda volta conta ancora mentalmente 2.
Prosegui nell’esercizio contando progressivamente fino a 10. Poi ricomincia da
capo e torna a contare nuovamente, progressivamente fino a 10. Ripeti
l’esercizio per almeno 3 volte. Con la pratica cerca di arrivare fino a 10
volte, arrivando a una esecuzione complessiva di 100 respirazioni controllate,
concentrate e “contate”.
Per 10 minuti, esegui le azioni che sei solito
compiere alla metà della tua velocità normale, come se fossero al rallentatore.
Rallenta ogni tuo movimento, che dev’essere delicato e lento. Concentrati e
porta la tua attenzione su ogni movimento. Diventa consapevole di ogni
movimento che compi. Dopo i primi tre giorni, aumenta il tempo ed esegui la
tecnica per 15 minuti, poi, dopo circa una settimana, fallo per 20 minuti.
martedì 27 settembre 2016
Edmondo De Amicis, Cuore: i brani più belli.
Edmondo De Amicis, Cuore: i brani più belli.
UN TRATTO GENEROSO 26, mercoledì E si diede a
conoscere appunto questa mattina, Garrone. Quando entrai nella scuola —, un
poco tardi, ché m'avea fermato la maestra di prima superiore per domandarmi a
che ora poteva venir a casa a trovarci —, il maestro non c'era ancora, e tre o
quattro ragazzi tormentavano il povero Crossi, quello coi capelli rossi, che ha
un braccio morto e sua madre vende erbaggi. Lo stuzzicavano colle righe, gli
buttavano in faccia delle scorze di castagne, e gli davan dello storpio e del
mostro, contraffacendolo, col suo braccio al collo. Ed egli tutto solo in fondo
al banco, smorto, stava a sentire, guardando ora l'uno ora l'altro con gli
occhi supplichevoli, perché lo lasciassero stare. Ma gli altri sempre più lo
sbeffavano, ed egli cominciò a tremare e a farsi rosso dalla rabbia. A un
tratto Franti, quella brutta faccia, salì sur un banco, e facendo mostra di portar
due cesti sulle braccia, scimmiottò la mamma di Crossi, quando veniva a
aspettare il figliuolo alla porta; perché ora è malata. Molti si misero a
ridere forte. Allora Crossi perse la testa e afferrato un calamaio glie lo
scaraventò al capo di tutta forza; ma Franti fece civetta, e il calamaio andò a
colpire nel petto il maestro che entrava. Tutti scapparono al posto, e fecero
silenzio, impauriti. Il maestro, pallido, salì al tavolino, e con voce alterata
domandò: — Chi è stato? Nessuno rispose. Il maestro gridò un'altra volta,
alzando ancora la voce: — Chi è? Allora Garrone, mosso a pietà del povero
Crossi, si alzò di scatto, e disse risolutamente: — Son io. Il maestro lo
guardò, guardò gli scolari stupiti; poi disse con voce tranquilla: — Non sei
tu. E dopo un momento: — Il colpevole non sarà punito. S'alzi! Il Crossi
s'alzò, e disse piangendo: — Mi picchiavano e m'insultavano, io ho perso la
testa, ho tirato... — Siedi, — disse il maestro. — S'alzino quelli che lo han
provocato. Quattro s'alzarono, col capo chino. — Voi, — disse il maestro, —
avete insultato un compagno che non vi provocava, schernito un disgraziato,
percosso un debole che non si può difendere. Avete commesso una delle azioni
più basse, più vergognose di cui si possa macchiare una creatura umana.
Vigliacchi! Detto questo, scese tra i banchi, mise una mano sotto il mento a
Garrone, che stava col viso basso, e fattogli alzare il viso, lo fissò negli
occhi, e gli disse: — Tu sei un'anima nobile. Garrone, colto il momento,
mormorò non so che parole nell'orecchio al maestro; e questi, voltatosi verso i
quattro colpevoli, disse bruscamente: — Vi perdono.
LA SCUOLA 28, venerdì Sì, caro Enrico, lo studio ti
è duro, come ti dice tua madre; non ti vedo ancora andare alla scuola con
quell'animo risoluto e con quel viso ridente, ch'io vorrei. Tu hai ancora il
restìo. Ma senti: pensa un po' che misera, spregevole cosa sarebbe la tua
giornata se tu non andassi a scuola! A mani giunte, a capo a una settimana,
domanderesti di ritornarci, roso dalla noia e dalla vergogna, stomacato dei
tuoi trastulli e della tua esistenza. Tutti, tutti studiano ora, Enrico mio.
Pensa agli operai che vanno a scuola la sera dopo aver faticato tutta la
giornata; alle donne, alle ragazze del popolo che vanno a scuola la domenica,
dopo aver lavorato tutta la settimana; ai soldati che metton mano ai libri e ai
quaderni quando tornano spossati dagli esercizi; pensa ai ragazzi muti e ai
ciechi, che pure studiano; e fino ai prigionieri, che anch'essi imparano a
leggere e a scrivere. Pensa, la mattina quando esci, che in quello stesso
momento, nella tua stessa città, altri trentamila ragazzi vanno come te a
chiudersi per tre ore in una stanza a studiare. Ma che! Pensa agli innumerevoli
ragazzi che presso a poco a quell'ora vanno a scuola in tutti i paesi; vedili
con l'immaginazione, che vanno, vanno, per i vicoli dei villaggi queti, per le
strade delle città rumorose, lungo le rive dei mari e dei laghi, dove sotto un
sole ardente, dove tra le nebbie, in barca nei paesi intersecati da canali, a
cavallo per le grandi pianure, in slitta sopra le nevi, per valli e per
colline, a traverso a boschi e a torrenti, su per sentieri solitari delle
montagne, soli, a coppie, a gruppi, a lunghe file, tutti coi libri sotto il
braccio, vestiti in mille modi, parlanti in mille lingue, dalle ultime scuole
della Russia quasi perdute fra i ghiacci alle ultime scuole dell'Arabia
ombreggiate dalle palme, millioni e millioni, tutti a imparare in cento forme
diverse le medesime cose; immagina questo vastissimo formicolìo di ragazzi di
cento popoli, questo movimento immenso di cui fai parte, e pensa: — Se questo
movimento cessasse, l'umanità ricadrebbe nella barbarie; questo movimento è il
progresso, la speranza, la gloria del mondo. — Coraggio dunque, piccolo soldato
dell'immenso esercito. I tuoi libri son le tue armi, la tua classe è la tua
squadra, il campo di battaglia è la terra intera, e la vittoria è la civiltà
umana. Non essere un soldato codardo, Enrico mio. Tuo padre.
Di fronte alla porta della scuola, dall'altra parte
della via, stava con un braccio appoggiato al muro e colla fronte contro il
braccio, uno spazzacamino, molto piccolo, tutto nero in viso, col suo sacco e
il suo raschiatoio, e piangeva dirottamente, singhiozzando. Due o tre ragazze
della seconda gli s'avvicinarono e gli dissero: — Che hai che piangi a quella
maniera? — Ma egli non rispose, e continuava a piangere. — Ma di' che cos'hai,
perché piangi, — gli ripeterono le ragazze. E allora egli levò il viso dal
braccio, — un viso di bambino —, e disse piangendo che era stato in varie case
a spazzare, dove s'era guadagnato trenta soldi, e li aveva persi, gli erano
scappati per la sdrucitura d'una tasca, — faceva veder la sdrucitura —, e non
osava più tornare a casa senza i soldi. — Il padrone mi bastona, — disse
singhiozzando, e riabbandonò il capo sul braccio, come un disperato. Le bambine
stettero a guardarlo, tutte serie. Intanto s'erano avvicinate altre ragazze,
grandi e piccole, povere e signorine, con le loro cartelle sotto il braccio, e
una grande, che aveva una penna azzurra sul cappello, cavò di tasca due soldi,
e disse: — Io non ho che due soldi: facciamo la colletta. — Anch'io ho due
soldi, — disse un'altra vestita di rosso; ne troveremo ben trenta fra tutte. —
E allora cominciarono a chiamarsi: — Amalia! — Luigia! — Annina! — Un soldo. —
Chi ha dei soldi? — Qua i soldi! — Parecchie avevan dei soldi per comprarsi
fiori o quaderni, e li portarono; alcune più piccole diedero dei centesimi;
quella della penna azzurra raccoglieva tutto, e contava a voce alta: — Otto,
dieci, quindici! — Ma ci voleva altro. Allora comparve una più grande di tutte,
che pareva quasi una maestrina, e diede mezza lira, e tutte a farle festa.
Mancavano ancora cinque soldi. — Ora vengono quelle della quarta che ne hanno,
— disse una. Quelle della quarta vennero e i soldi fioccarono. Tutte
s'affollavano. Ed era bello a vedere quel povero spazzacamino in mezzo a tutte
quelle vestine di tanti colori, a tutto quel rigirio di penne, di nastrini, di
riccioli. I trenta soldi c'erano già, e ne venivano ancora, e le più piccine
che non avevan denaro, si facevan largo tra le grandi porgendo i loro mazzetti
di fiori, tanto per dar qualche cosa. Tutt'a un tratto arrivò la portinaia
gridando: — La signora Direttrice! — Le ragazze scapparono da tutte le parti
come uno stormo di passeri. E allora si vide il piccolo spazzacamino, solo in
mezzo alla via, che s'asciugava gli occhi, tutto contento, con le mani piene di
denari, e aveva nell'abbottonatura della giacchetta, nelle tasche, nel cappello
tanti mazzetti di fiori, e c'erano anche dei fiori per terra, ai suoi piedi.
IL MIO AMICO GARRONE 4, venerdì Non furon che due
giorni di vacanza e mi parve di star tanto tempo senza rivedere Garrone. Quanto
più lo conosco, tanto più gli voglio bene, e così segue a tutti gli altri,
fuorché ai prepotenti, che con lui non se la dicono, perché egli non lascia far
prepotenze. Ogni volta che uno grande alza la mano su di uno piccolo, il
piccolo grida: — Garrone! — e il grande non picchia più. Suo padre è
macchinista della strada ferrata; egli cominciò tardi le scuole perché fu
malato due anni. È il più alto e il più forte della classe, alza un banco con
una mano, mangia sempre, è buono. Qualunque cosa gli domandino, matita, gomma,
carta, temperino, impresta o dà tutto; e non parla e non ride in iscuola: se ne
sta sempre immobile nel banco troppo stretto per lui, con la schiena
arrotondata e il testone dentro le spalle; e quando lo guardo, mi fa un sorriso
con gli occhi socchiusi come per dirmi: — Ebbene, Enrico, siamo amici? — Ma fa
ridere, grande e grosso com'è, che ha giacchetta, calzoni, maniche, tutto
troppo stretto e troppo corto, un cappello che non gli sta in capo, il capo
rapato, le scarpe grosse, e una cravatta sempre attorcigliata come una corda.
Caro Garrone, basta guardarlo in viso una volta per prendergli affetto. Tutti i
più piccoli gli vorrebbero essere vicini di banco. Sa bene l'aritmetica. Porta
i libri a castellina, legati con una cigna di cuoio rosso. Ha un coltello col
manico di madreperla che trovò l'anno passato in piazza d'armi e un giorno si
tagliò un dito fino all'osso, ma nessuno in iscuola se n'avvide, e a casa non
rifiatò per non spaventare i parenti. Qualunque cosa si lascia dire per celia,
e mai non se n'ha per male; ma guai se gli dicono: — Non è vero, — quando
afferma una cosa: getta fuoco dagli occhi allora, e martella pugni da spaccare
il banco. Sabato mattina diede un soldo a uno della prima superiore, che
piangeva in mezzo alla strada, perché gli avevan preso il suo, e non poteva più
comprare il quaderno. Ora sono tre giorni che sta lavorando attorno a una
lettera di otto pagine con ornati a penna nei margini per l'onomastico di sua
madre, che spesso viene a prenderlo, ed è alta e grossa come lui, e simpatica.
Il maestro lo guarda sempre, e ogni volta che gli passa accanto gli batte la
mano sul collo come a un buon torello tranquillo. Io gli voglio bene. Son
contento quando stringo nella mia la sua grossa mano, che par la mano d'un
uomo. Sono così certo che rischierebbe la vita per salvare un compagno, che si
farebbe anche ammazzare per difenderlo, si vede così chiaro nei suoi occhi; e
benché paia sempre che brontoli con quel vocione, è una voce che viene da un
cor gentile, si sente.
IL CARBONAIO E IL SIGNORE 7, lunedì Non l'avrebbe
mai detta Garrone, sicuramente, quella parola che disse ieri mattina Carlo
Nobis a Betti. Carlo Nobis è superbo perché suo padre è un gran signore: un
signore alto, con tutta la barba nera, molto serio, che viene quasi ogni giorno
ad accompagnare il figliuolo. Ieri mattina Nobis si bisticciò con Betti, uno
dei più piccoli, figliuolo d'un carbonaio, e non sapendo più che rispondergli,
perché aveva torto, gli disse forte: — Tuo padre è uno straccione. — Betti
arrossì fino ai capelli, e non disse nulla, ma gli vennero le lacrime agli
occhi, e tornato a casa, ripeté la parola a suo padre; ed ecco il carbonaio, un
piccolo uomo tutto nero, che compare alla lezione del dopopranzo col ragazzo
per mano, a fare le lagnanze al maestro. Mentre faceva le sue lagnanze al
maestro, e tutti tacevano, il padre di Nobis, che levava il mantello al
figliuolo, come al solito, sulla soglia dell'uscio, udendo pronunciare il suo
nome, entrò, e domandò spiegazione. — È quest'operaio, — rispose il maestro, —
che è venuto a lagnarsi perché il suo figliuolo Carlo disse al suo ragazzo: Tuo
padre è uno straccione. Il padre di Nobis corrugò la fronte e arrossì
leggermente. Poi domandò al figliuolo: — Hai detto quella parola? Il figliuolo,
— ritto in mezzo alla scuola, col capo basso, davanti al piccolo Betti, — non
rispose. Allora il padre lo prese per un braccio e lo spinse più avanti in
faccia a Betti, che quasi si toccavano, e gli disse: — Domandagli scusa. Il
carbonaio volle interporsi, dicendo no, no; ma il signore non gli badò, e
ripeté al figliuolo: — Domandagli scusa. Ripeti le mie parole. Io ti domando
scusa della parola ingiuriosa, insensata, ignobile che dissi contro tuo padre,
al quale il mio si tiene onorato di stringer la mano. — Il carbonaio fece un
gesto risoluto, come a dire: Non voglio. Il signore non gli dié retta, e il suo
figliuolo disse lentamente, con un filo di voce, senza alzar gli occhi da
terra: — Io ti domando scusa... della parola ingiuriosa... insensata... ignobile,
che dissi contro tuo padre, al quale il mio... si tiene onorato di stringer la
mano. Allora il signore porse la mano al carbonaio, il quale gliela strinse con
forza, e poi subito con una spinta gettò il suo ragazzo fra le braccia di Carlo
Nobis. — Mi faccia il favore di metterli vicini, — disse il signore al maestro.
— Il maestro mise Betti nel banco di Nobis. Quando furono al posto, il padre di
Nobis fece un saluto ed uscì. Il carbonaio rimase qualche momento sopra
pensiero, guardando i due ragazzi vicini; poi s'avvicinò al banco, e fissò
Nobis, con espressione d'affetto e di rammarico, come se volesse dirgli
qualcosa; ma non disse nulla; allungò la mano per fargli una carezza, ma
neppure osò, e gli strisciò soltanto la fronte con le sue grosse dita. Poi s'avviò
all'uscio, e voltatosi ancora una volta a guardarlo, sparì. — Ricordatevi bene
di quel che avete visto, ragazzi, — disse il maestro; — questa è la più bella
lezione dell'anno.
lunedì 26 settembre 2016
Ernst Gombrich, Breve storia del mondo: sottolineature
Sottolineature da Ernst Gombrich, Breve storia del mondo
L’unica cosa da fare, secondo Lao-tse, è non fare
niente. Avere una grande calma interiore. Non affannarsi a guardare e ad
ascoltare quello che ci sta intorno, non volere nulla e non avere opinioni. In
colui che riesce ad arrivare al punto di diventare come un albero o come un
fiore, altrettanto privo di intenzioni e di volontà, in costui inizierà ad
avere effetto il Tao, la grande legge universale che fa girare il cielo e porta
la primavera.
Le cose esteriori nella vita sono più importanti di
quanto non si creda: l’inchinarsi davanti ai più anziani, il lasciar passare
per primi gli altri attraverso una porta, l’alzarsi in piedi quando si parla
con un superiore e molte altre cose simili per cui in Cina ci sono molte più
regole che da noi. Tutte queste cose – diceva Confucio – non esistono per un
caso. Hanno un loro preciso significato, o almeno ce l’hanno avuto un tempo. E
di solito vogliono dire qualcosa di bello. Perciò Confucio diceva: «Io credo
nell’antichità e la amo», che significa che credeva al senso buono e profondo
di tutti gli usi e i costumi vecchi di migliaia di anni, e ripeteva in
continuazione ai suoi connazionali di rispettarli sempre.
La Cina è l’unico paese al mondo in cui per molti
secoli il potere non è stato nelle mani dei nobili o dei militari e neanche dei
sacerdoti, ma in quelle dei dotti. Non contava provenire da una famiglia
importante o povera: chiunque sostenesse gli esami poteva diventare funzionario
dello stato, e chi otteneva il risultato migliore riceveva le cariche più
importanti.
Siccome era un grand’uomo, decisero di dedicargli
anche un mese di quel calendario: il mese di Luglio (da Giulio)
Dal momento che un mese fu chiamato con il nome di
Cesare, si diede il nome di Augusto a un altro mese: agosto. E bisogna dire che
l’imperatore se l’era meritato. Non era un uomo fuori del comune come Cesare,
ma era comunque molto giusto e saggio; sapeva dominarsi e quindi a buon diritto
dominava gli altri. Si racconta che non desse mai un ordine o prendesse una
decisione finché era arrabbiato. Quando veniva colto dall’ira ripeteva tra sé
in continuazione l’alfabeto fino a che non si calmava e gli si schiarivano le
idee.
Attila, che giunse al potere nel 444 dopo Cristo. Ti
ricordi ancora chi prese il potere nel 444 avanti Cristo? Era Pericle
Maometto descrisse ai suoi seguaci il paradiso come
un luogo davvero splendido. «I fedeli stanno sdraiati su cuscini rigonfi uno di
fronte all’altro, fanciulli immortali girano in veste di coppieri recando
boccali e tazze colmi del migliore dei vini, che non fa venire male al capo né
ubriaca alcuno. Ci sono frutti splendidi e carni di volatili a volontà, serviti
da fanciulle dai grandi occhi, belle come perle. I beati si riuniscono vicino
all’acqua corrente, sotto l’ampia ombra di fiori di loto privi delle spine o di
banani in fiore. Sulle loro teste pendono grappoli d’uva, e continuano a girare
le coppe d’argento. Vestono abiti di seta verde e di broccato ornati di fibbie
d’argento».
Carlo Martello, così chiamato per come sapeva
colpire duramente.
Dal momento che ai musulmani per evitare il pericolo
di cadere nell’idolatria era proibito raffigurare uomini o animali, decoravano
i loro palazzi e le moschee con bellissime linee colorate e contorte, che,
proprio perché tipiche della cultura araba, chiamiamo arabeschi.
il Poema dei Nibelunghi (così si chiama il poema di
Sigfrido)
La Sicilia infatti era stata dominata da tutti i
popoli: i fenici, i greci, i cartaginesi, i romani, gli arabi, i normanni e i
tedeschi. E presto si sarebbero aggiunti anche i francesi.
Leonardo infatti era mancino, e scriveva al
contrario, da destra verso sinistra, con una scrittura sottile che non è per
niente facile da decifrare.
Chi vuol comandare deve per prima cosa esser padrone
di se stesso, questo lo sapeva bene. Così si esercitò con grande sacrificio per
diventare il proprio signore. Un po’ come aveva fatto Buddha, ma con un altro
scopo. Anche Ignazio voleva liberarsi di tutti i desideri, ma non per esser
libero qui in Terra dalle sofferenze, quanto piuttosto per non obbedire più a
nessun’altra volontà e non perseguire più nessun altro scopo che quelli della
chiesa. Dopo anni di esercizio arrivò al punto di riuscire a proibirsi di
pensare a una certa cosa o di riuscire a immaginarsi in qualsiasi momento ciò
che voleva in modo così chiaro e preciso come se ce l’avesse davanti agli
occhi.
giovedì 16 giugno 2016
Invalsi 16 giugno 2016: soluzioni e griglie di correzione
lunedì 2 maggio 2016
Date di storia medievale
Date
importanti di storia medievale
375: espansione degli Unni
410: i Visigoti saccheggiano Roma
455: i Vandali saccheggiano Roma
476: crollo dell’Impero romano d’Occidente
526: morte di Teodorico
527-565: regno di Giustiniano
529: san Benedetto da Norcia fonda il monastero di Montecassino
568-774: regno longobardo in Italia
622: egira
632: morte di Maometto
643: editto di Rotari
732: battaglia di Poitiers
774: i Franchi sconfiggono i Longobardi
800: Carlo Magno incoronato imperatore
842: giuramento di Strasburgo
843: trattato di Verdun
877: capitolare di Quierzy
962: Ottone I imperatore del Sacro Romano Impero Germanico
1037: Constitutio de feudis
1054: scisma d’Oriente
1066: battaglia di Hastings
1075: Dictatus Papae
1077: episodio di Canossa
1088: prima università fondata a Bologna
1095-1099: prima crociata
1122: concordato di Worms
1152: Federico I Barbarossa imperatore
1158: dieta di Roncaglia
1162: Federico Barbarossa distrugge Milano
1167: Lega lombarda
1176: battaglia di Legnano
1183: pace di Costanza
1215: Magna Charta Libertatum
1215: ordine domenicano
1223: ordine francescano
1250: morte di Federico II
1266: battaglia di Benevento
1282: Vespri siciliani
1309-1377: cattività avignonese
1337-1453: guerra dei Cento anni
1348: peste
1378: scisma d’Occidente
1378: scisma d’Occidente
1453: crollo dell’impero bizantino
1492: scoperta dell'America
mercoledì 20 aprile 2016
Corso di aggiornamento "La gestione della classe: tecniche e proposte operative"
Il 05/05/2016, alle ore 14:30, presso l'Istituto Comprensivo "G. Leva" di Travedona Monate, si terrà il corso di aggiornamento per docenti La gestione della classe: tecniche e proposte operative.
Relatore: Francesco Schipani
Relatore: Francesco Schipani
Indirizzo: Largo Don Lorenzo Milani, 20, Travedona Monate (VA).
Iscriviti a:
Post (Atom)